"Fiori e piante della valle Ellero"di Sergio Piazzo
"Descrizione, storia, leggende, proprietà medicinali e curiosità dei principali fiori e piante della valle Ellero e delle Alpi monregalesi"
Quanto segue sono alcuni brani tratti dall'opuscolo "Fiori e piante della valle Ellero" di Sergio Piazzo, edito dall'ARS ed in vendita presso la sede dell'associazione oppure tramite e-mail. Il volume, la cui realizzazione ha richiesto molti anni di ricerche e che è ancora in fase di aggiornamento, contiene numerose foto (circa 300). Il volume consiste in tre parti: una breve storia dell'erboristeria con una cartina della valle Ellero, l'elenco alfabetico dei fiori di montagna, e quello delle piante di alto fusto.
Introduzione
Quella percorsa dal torrente Ellero è una vallata ricca di storia e di fenomeni geologici, e il fatto che in epoche recenti sia stata abbastanza ignorata dalla cosiddetta "civiltà" ha contribuito a mantenerla pressoché incontaminata, permettendo oggi di studiare e scoprire i suoi segreti conservati dal tempo.
Verso il primo secolo a.C. i Romani avevano costruito attraverso la val Ellero una strada (la via Pompea, dal nome del suo costruttore Pompeo Strabonio) che metteva in comunicazione la pianura padana con il mare. Questa strada, certamente costruita sul tracciato di antichi passaggi utilizzati già nelle epoche più remote dai Celto-liguri (dei quali rimane traccia in alcuni menhir ed incisioni rupestri) venne utilizzata fin verso la fine del 1500 ed era chiamata la Via del Sale poichè, tra tutti i commerci, quello del sale era il più prezioso per le popolazioni di quei tempi.
La val Ellero, unitamente alle sue vallate vicine, verso lanno 1000 fu testimone della presenza dei Saraceni i quali, seguendo lordine impartito da Maometto nel Corano di conquistare tutto il mondo e di renderlo mussulmano, avevano già occupato quasi tutti i paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. Essi giunsero dal mare (si dice che una loro base fosse Frassineto, presso lattuale St. Tropez), e quindi arrivarono in queste vallate dai valichi alpini, cogliendo di sorpresa i valligiani e lasciando, oltre ad alcuni ruderi, tracce indelebili della loro presenza nella memoria, nel dialetto, nei toponimi e nei caratteri somatici degli attuali abitanti.
Anche dal punto di vista geologico, la val Ellero presenta delle caratteristiche molto interessanti: si possono osservare rocce di epoche molto diverse, dai porfiroidi del Permiano costituiti da lava solidificatasi circa 250 milioni di anni fa quando le montagne non esistevano ancora, ai bianchi depositi calcarei del giurassico, formati da quantità enormi di microscopiche conchiglie mentre il mare ricopriva gran parte dellItalia. Non mancano interessanti e curiosi fenomeni geologici quali ad esempio le numerosissime grotte, le "rocce montonate", le "morene" e le "marmitte dei giganti" .
Tutti questi
elementi, che fanno della val Ellero un interessante luogo di
studio sotto vari punti di vista, sono da anni oggetto di
ricerche da parte mia nellambito delle attività dellA.R.S.,
ricerche che sono raccolte in alcuni opuscoli (stampati in
proprio, in quantità limitata e solo su richiesta) a
disposizione di quanti siano interessati.
Il presente
opuscolo non riguarda la storia della valle, ma è un elenco dei
fiori e di alcune piante che si possono incontrare durante le
camminate: può quindi essere una ulteriore occasione di
interesse durante escursioni effettuate per ricerche di altro
genere, ad esempio archeologiche, speleologiche o di puro svago.
Esso è diviso in
tre parti: la prima espone in modo molto riassuntivo alcuni dati
sullorigine delle piante di montagna e del loro uso nella
storia, la seconda elenca i principali fiori e piante medicinali
presenti nel territorio considerato, e la terza elenca le piante
di alto fusto più comuni.
Le notizie qui
pubblicate sono state raccolte da numerosi testi (di cui i
principali sono elencati nella bibliografia), da articoli vari e
dalla tradizione popolare, e riguardano la flora della val Ellero
e in generale delle Alpi Liguri vista sotto tutti i punti di
vista: caratteristiche esterne, etimologia dei nomi, citazioni in
antichi documenti, leggende, proprietà medicinali, denominazione
nel dialetto locale, curiosità, e qualunque altro dato ritenuto
interessante. Tutte le fotografie (eccetto i disegni relativi
alle piante di alto fusto) sono dellautore e, come i testi
bibliografici, sono disponibili per essere consultate presso la
sede dellA.R.S.
Considerata la vastità dellargomento trattato, questo opuscolo rappresenta unopera provvisoria, soggetta a continui aggiornamenti, e proprio per questo motivo non ha la pretesa di essere infallibile: mi scuso fin dora per errori ed imprecisioni che certamente il lettore attento e competente vi troverà, e farò tesoro di qualunque appunto e suggerimento che egli vorrà rivolgermi.
Origine delle piante di montagna
La formazione
delle Alpi e delle altre grandi montagne europee ha inizio nel
Miocene (25-13 milioni di anni fa), ed è contemporanea al
raffreddamento dellemisfero settentrionale della Terra. Di
conseguenza, la flora montana ha avuto origine da una flora di
pianura, che allorigine (appunto nel Miocene) doveva
consistere in una mescolanza di specie tropicali e sub-tropicali,
unitamente a specie di clima temperato.
Durante lorogenesi
(cioè la formazione delle montagne), le piante tropicali e sub-tropicali
sono rapidamente diminuite di numero sin quasi allestinzione,
lasciando man mano il posto alle specie di clima temperato.
(foto: la "Pera Riunda" in valle Ellero, di origine glaciale)
Nel Terziario le Alpi, come i Pirenei e gli Appennini, erano ancora basse montagne coperte di boschi, e luniformità dellambiente rendeva facili e frequenti gli scambi genetici tra le popolazioni di una stessa specie: per questi motivo esistono tuttora specie di antica origine presenti contemporaneamente nelle Alpi, nei Pirenei e negli Appennini.
In seguito, lorogenesi portò ad una sempre più accentuata separazione dei diversi sistemi montuosi favorendo la differenziazione genetica. E per questo motivo che molto frequentemente, invece di una stessa specie, si trovano su catene montuose diverse le specie "vicarianti" di una stessa pianta. Ad esempio, le piante Thlaspi rotundifolium, Pedicularis gyroflexa e Potentilla nitida presenti sulle Alpi, corrispondono alle piante Thlaspi stylosum, Pedicularis elegans e Potentilla apennina presenti nellAppennino centrale.
Alla fine del
Miocene, il Mediterraneo subì un considerevole disseccamento e
si ridusse ad un complesso di lagune: questo periodo favorì la
migrazione di una flora di tipo steppico proveniente dallAsia
occidentale e dallAfrica.
Lorogenesi
delle Alpi allinizio del Pliocene (13 milioni di anni fa)
portò al raggiungimento di altitudini maggiori di quelle attuali,
e a questo periodo risale la maggior parte delle piante delle
montagne più elevate, ad esempio le genziane della sezione Cyclostigma,
la Primula auricula, e le saxifraghe Kabschia.
Alla fine del
Terziario (2 milioni di anni fa), quando la differenziazione
della flora montana era già molto avanzata, il progressivo
raffreddamento del clima culminò nella grande crisi del
Pleistocene, caratterizzato da una serie di periodi freddi (glaciazioni),
alternati a periodi più caldi (interglaciali). Le glaciazioni in
Europa sono state sei, di cui le ultime quattro furono:
Glaciazione di
Gunz (600-550 mila anni fa)
Glaciazione di Mindel (480-430 mila anni fa)
Glaciazione di Riss (240-180 mila anni fa)
Glaciazione di Wurm (120-10 mila anni fa)
La massima glaciazione fu quella di Mindel, quando le Alpi furono ricoperte da una calotta simile a quella dellattuale Groenlandia, dalla quale emergevano come isole nel grande mare di ghiaccio solo le cime più alte. Queste isole rappresentavano gli unici siti disponibili per le piante, e un motivo di differenziamento di nuove entità vegetali. Meno estese furono le due glaciazioni successive: solo queste hanno però lasciato tracce evidenti sulle Alpi. Molto evidenti, in valle Ellero, la "pera riunda" e le "rocce montonate" a valle del Ponte Murato e le "morene glaciali" nellalta valle.
I principali
effetti delle glaciazioni sulla flora montana furono:
- distruzione di quasi tutte le specie tropicali e sub-tropicali.
- ritirata delle specie montane a sud delle Alpi, o in qualche
"isola" locale sul ghiacciaio.
- frammentazione dellareale di molte specie.
- migrazione a sud di specie artiche, anche fino allAppennino
centrale, e scambio di specie tra la flora montana centro-europea
e la flora artica.
- discesa di alcune piante della fascia alpina sino a fasce più
basse, dove alcune si sono mantenute come "relitti glaciali",
per esempio la Gentiana verna e la Primula farinosa.
Il periodo post-glaciale,
che stiamo ancora vivendo, è anchesso ricco di mutamenti
climatici: un periodo più caldo dellattuale si è
verificato dal 600 al 400 avanti Cristo, e in questo periodo il
limite superiore delle foreste si innalzò a quote molto più
elevate di quelle attuali. Un periodo freddo si ebbe poi dal 1600
al 1800, il cosiddetto "Piccolo Glaciale".
E stato
calcolato che, anche in presenza di una forte selezione dellambiente,
come è il caso delle alte montagne, la formazione di una nuova
specie richiede da 50 mila a 1 milione di anni. La possibilità
da parte nostra di interferire con questi fenomeni, mediante la
distruzione degli habitat e delle popolazioni di piante, è
quindi molto allarmante, data la naturale lentezza dei fenomeni
biologici.
E principalmente per questo motivo che la maggior parte dei
fiori di montagna sono protetti, e ne è vietata la raccolta o il
solo danneggiamento della pianta.
Le piante medicinali nella storia
Nel corso della
storia si sono spesso varcate le frontiere del razionale e
confusa lazione curativa di un medicamento con la magia.
Attraverso queste tradizioni, fondate sulluso delle varie
specie vegetali, cercheremo qui di tracciare una brevissima
storia della medicina popolare e della botanica medicinale.
Le proprietà
terapeutiche di molte piante erano conosciute fin dalle epoche più
antiche in Mesopotamia, in Egitto, in India, e soprattutto in
Cina.
In una grotta
irachena si è scoperto del polline di piante ritenute medicinali
fra le ossa di un uomo di Neanderthal. In analoghi sepolcri,
risalenti a 60 mila anni fa, si sono trovati dei diuretici, degli
stimolanti e degli astringenti. La comparsa dellHomo
Sapiens (35 mila anni fa) coincide con quella dei primi maghi che
utilizzavano le erbe per curare le malattie e per eseguire riti
magici. Scavi archeologici relativi a quellepoca rivelano
che già da allora si utilizzava la Camomilla, la Valeriana,
lAchillea, il Lino, la Canapa e il Papavero.
Le conoscenze
degli sciamani, o stregoni, erano essenzialmente basate sullesperienza,
e questo sapere conferiva loro un prestigio paragonabile a quello
di un re, e non di rado queste funzioni coincidevano davvero
nella stessa persona, come nel caso del re Salomone.
In Mesopotamia
risalgono a 5000 anni fa le prime testimonianze scritte dellesistenza
di prescrizioni mediche, incise con caratteri cuneiformi su
tavolette dargilla. I Sumeri utilizzavano le varie parti
delle piante per farne decotti, cataplasmi e unguenti; la birra
ed il vino di palma servivano spesso come eccipienti.
Verso il 2000 a.C.
la Mesopotamia fu invasa dagli Assiro-Babilonesi che veneravano
il dio della luna Sin, la più antica delle divinità
mediche. Essi conoscevano circa 250 piante e, fatto interessante
per quellepoca, la medicina assira era già considerata una
scienza. Verso il 1700 a.C. gli Assiri coltivavano piante
medicinali che in Europa si sarebbero considerate tali solo agli
inizi del XX secolo.
Due papiri, veri e
propri inventari di rimedi, testimoniano luso delle piante
presso gli antichi Egizi: essi parlano delle conoscenze che si
avevano verso il 2700 a.C., lepoca delle grandi piramidi, e
sono attribuiti a Imhotep (costruttore di piramidi e medico del
re) che divenne per gli Egizi il dio della medicina.
I medici dei
Faraoni utilizzavano, tra le altre piante, la menta, la cannella,
il ginepro, il finocchio, laglio, il cumino;
queste sostanze erano spesso mescolate a vino di palma, miele o
birra.
Anche in Cina e in
India la medicina fu in forte anticipo rispetto allEuropa:
a partire dal 2000 a.C. essi praticavano già una medicina
scientifica, praticavano lagopuntura ed utilizzavano
pillole e pomate. Tra le piante più usate vi era lo zafferano,
il rabarbaro, lo zenzero, la cannella, il melograno,
il papavero, il ginseng.
I Greci
ereditarono dai Persiani le conoscenze mediche, e per lungo tempo
la medicina greca si basò sulla magia e sulla superstizione.
Nella mitologia greca, il dio della medicina è Asclepio (Esculapio
per i Romani, figlio di Apollo), che prima di essere divinizzato
verso il VI secolo a.C. era il re della Tessaglia e medico famoso.
Chirone ne era stato il maestro ed aveva organizzato in Tessaglia
la coltivazione delle piante medicinali: fu in seguito
divinizzato anche lui, sotto forma di centauro.
Fu Ippocrate (460-377
a.C.) che trasformò in scienza larte di curare le malattie,
prima affidata a ciarlatani e sacerdoti. Egli fu il primo ad
utilizzare lomeopatia, e faceva uso di 230 piante tra cui
il cavolo, laglio, la cipolla, la santoreggia.
(foto: il lago dei Biecai, in valle Ellero)
Secondo quanto descrisse nel IV sec. d.C. un medico gallo-romano, Marcellus Empiricus, i Celti utilizzavano 150 piante fra le quali il vischio (pianta sacra), la celidonia (contro i morsi e le punture), il timo serpillo (antisettico), il farfaro (per le infezioni polmonari). Essi usavano anche alcune piante per produrre veleno (ad esempio per frecce) tra le quali laconito, il veratro e il ranuncolo thora.
(foto: l'alta valle Ellero, con le Saline e il Cian Balàu)
Anche presso i Romani le piante venivano utilizzate per uso terapeutico, ed il rituale che ne accompagnava la raccolta era di fondamentale importanza. Dioscoride, medico greco di Nerone, inventariò 520 specie di piante in un trattato (De materia medica) che ebbe una indiscussa autorità in Europa fino al medioevo. Anche Galeno, medico greco di MarcAurelio (II sec. d.C.), godette di grande autorità fino al medioevo; egli riteneva che la salute dipendesse dallequilibrio dei quattro elementi fondamentali: il caldo, il secco, il freddo e lumido.
Nel Medio Evo, in Europa le invasioni barbariche e le devastanti epidemie ridussero a zero levoluzione culturale e scientifica, e si ritornò a considerare la medicina delle piante nei ruoli di magia e stregoneria. Il giusquiamo, la belladonna, la mandragora, ad esempio, erano considerate piante del "maligno".
Carlo Magno, verso
l820 d.C., raccomandava la coltivazione di 88 piante
medicinali tra cui lanice, il finocchio, la camomilla,
la menta, il timo, ecc. ed incaricava un architetto
di progettare i giardini dei conventi; egli creò scuole
religiose dove lo studio delle piante medicinali era fondamentale,
ed i secoli successivi videro la generalizzazione di questi
insegnamenti allinterno dei conventi.
Il medicamento più
famoso di quellepoca, e che venne usato fino al 1900, era
la Teriaca, un elisir composto da circa 100 droghe (tra
cui oppio, giusquiamo, incenso, cannella, zafferano,
pepe) che veniva utilizzato per tutti i mali.
Una svolta
importante rispetto alle stregonerie del medioevo si ebbe verso
il 1500 grazie ad un medico svizzero detto Paracelso il quale,
pur interessandosi di alchimia, cercò un rimedio specifico per
ogni malattia ed introdusse il concetto di "principio attivo".
In base a questo concetto, ad esempio, il lattice giallo della celidonia
era utilizzato per litterizia, la polmonaria dalle
foglie simili ai polmoni era impiegata nelle malattie polmonari,
e così via.
Il XVI secolo sarà
chiamato anche il "secolo delle piante". Un po
dappertutto sorsero giardini botanici (Pisa, Padova, Bologna, ecc.).
Si introdussero i concetti di genere, famiglia, e classe,
e larrivo di droghe esotiche provenienti dai viaggi di
Magellano (anice, vaniglia, tabacco, coca, china, ecc.) fu
linizio di una vera e propria scienza, che nel XVI secolo
si rinnovò facendo appello allosservazione, alla
sperimentazione e al ragionamento matematico.
Nel 1735 il medico
svedese Linneo classificò le varie piante, con una nomenclatura
binomia latina universale (genere e specie), basandosi sulle
caratteristiche morfologiche e anatomiche, e per questo lavoro
egli è considerato il padre della botanica moderna.
Nel XIX secolo la
fitoterapia fece un enorme balzo avanti grazie al progresso della
chimica e alla scoperta degli alcaloidi e di altre sostanze. Nel
1805 si scoprì laspirina, nel 1810 loppio, nel 1818
la stricnina dalla noce vomica, nel 1819 la caffeina, nel 1820 il
chinino dalla china, ecc.
Questa corsa
irresistibile proseguirà nel XX secolo con la scoperta delle
penicilline, e la preponderanza dei vegetali nella preparazione
dei farmaci rimarrà enorme fino agli anni 30, quando
cominciano ad essere utilizzate sostanze ottenute per sintesi
chimica.
A partire dagli
anni 70, la ricerca di una migliore qualità della vita e
di un ritorno alle origini ha favorito la fitoterapia in
opposizione alla chemioterapia, ed è facile prevedere che la
fitoterapia, forte di ulteriori approfondimenti su basi
scientifiche, potrà diventare uno strumento a pieno titolo del
medico allinizio del XXI secolo.
I fiori della valle Ellero
ACHILLEA
MILLEFOLIUM
Achillea,
Millefoglio, Sanguinella, Erba del soldato
(Composite)
Pianta: erbacea perenne, con fusto più o meno ramoso, alta 20-80 cm. Le foglie, un poco tomentose, hanno un bel verde gaio e sono talmente incise e seghettate che sembra portino tante minuscole foglioline disposte alternativamente lungo la nervatura della foglia stessa; se strofinate fra le dita emanano un fragrante aroma.
Fiori: molto piccoli, riuniti in
densi capolini che formano corimbi composti più o meno grandi;
fiori ligulati esterni bianchi o rosso-rosa, fiori tubulosi
interni giallo-bianchi: osservato singolarmente, ciascun fiore è
simile ad una piccola margherita.
Fioritura: marzo-ottobre.
Quota: fino ai 2500 m.
Narra la leggenda che Achille apprendesse da Chirone (colui che aveva organizzato in Tessaglia la coltivazione delle erbe medicinali e che venne poi divinizzato sotto forma di centauro) l'uso del millefoglio per curare le ferite dei compagni e del re Telefo, ma non potè curare la ferita infertagli al tallone dalla freccia di Paride: così vollero gli dei.
Scavi archeologici relativi alla comparsa dell'Homo Sapiens (circa 35 mila anni fa) rivelano che già a quell'epoca l'uomo usava alcune erbe per curarsi, tra cui l'Achillea millefoglio. Nel famoso libro delle mutazioni ("I Ching") viene spiegato un metodo divinatorio, praticato in Cina circa 3000 anni fa, con il "lancio" di 50 bacchette ricavate dai gambi di questa pianta. Anche i druidi utilizzavano i gambi di Achillea, ritenuti sacri, per le previsioni meteorologiche.
Per le sostanze
contenute, una fogliolina tritata accelera la decomposizione di
unintera carriola di concime vegetale grezzo, e le
secrezioni della radice attivano la resistenza alle malattie
nelle piante vicine, e ciò intensifica lazione di altre
erbe medicinali.
La pianta contiene
un olio etereo e, in piccola quantità, furocumarina. Il suo
succo può provocare infiammazione su un'epidermide sensibile
quando viene esposta alla luce.
Con foglie e fiori
essicati si prepara un infuso che serve come depurativo del
sangue, tonico e diuretico, emostatico, astringente,
antispasmodico, decongestionante e tonico del sistema digerente.
Linfuso va utilizzato subito poichè si deteriora ed
annerisce sotto leffetto della luce.
Per uso esterno,
il succo fresco contribuisce a risanare piaghe e ferite; in
infuso 2 manciate in 200 cc d'acqua per gargarismi o lavature. Le
foglie e gli apici freschi ridotti in pasta arrestano l'emorragia
facilitando la cicatrizzazione e una foglia fresca masticata
lenisce il mal di denti.
Achillea atrata
Alta 10-25 cm., con tomentosità soffice,foglie semplicemente pennate con foglioline bi- o trifide, racemo formato da 3-12 capolini, brattee con bordo nerastro. Da 1700 a 4200 m.
Achillea Clavennae
Pianta: alta 10-15 cm.,
biancosericea, tomentosa, perenne. Foglie basali picciolate,
oblunghe, suddivise a forma di penna; quelle superiori, più
piccole e sessili.
Fiori: in corimbo di 3-5 capolini
peduncolati. Quelli esterni (3-9) ligulati, bianchi; quelli
interni tubulosi e bianco-sporco.
Fioritura: luglio-settembre.
Quota: 1500-2600 in pendii
soleggiati su substrato calcareo, su pascoli alpini e alla base
dei macereti.
Il nome deriva da "Achille" (vedi Achillea Millefolium), e dal farmacista Nicolò Clavenna di Feltre che, per primo, la trovò e la descrisse nel 1610. Assieme allAchillea Moscata viene usata in Svizzera per fabbricare il liquore "Iva".
Achillea moschata
Erba livia o
Iva. (dialetto: Camamìa d muntagna)
Pianta (alta 10-20 cm.) ben nota per le sue notevoli proprietà aromatiche e medicinali. Non comune, vive su substrato siliceo, su rupi, pietraie e morene.
AGROPYRON
REPENS
(TRITICUM REPENS, CYNODON DACTYLON)
Gramigna
(Graminacee)
Pianta: alta fino a un metro, infestante, dotata di lunghi rizomi gialli che emettono con estrema facilità fusti eretti ruvidi (Agropyron) o lisci (Triticum) Foglie strettissime, ricoperte di peli sulla pagina superiore.
Fiori: di color verde,in spighette a loro volta raccolte in spiga piccola dal rachide ondulato.
Fioritura: in estate.
Quota: fino a 2000 m., in tutti i tipi di terreno.
La gramigna è unerba infestante, difficilissima da estirpare per il rizoma che dividendosi in tante parti genera nuove piante.
Il rizoma possiede numerose proprietà medicinali: il suo decotto svolge una eccellente azione diuretica, emolliente, depurativa e correttiva del sangue. E utile in tutti i casi di malattie infiammatorie del fegato, della milza, delle vie urinarie, nella gotta, nellartrite e nelleczema. Il decotto si prepara mettendo una manciata di rizomi (senza pellicola esterna) a macero per mezzora; gettare il liquido amaro, spezzettare e bollire in un litro dacqua per mezzora, filtrare e bere parecchie volte, soprattutto nella cistite, nefrite, coliche renali, eruzioni cutanee e foruncolosi. Si consiglia di aggiungere una manciata di cicoria che ne aumenta le proprietà medicinali.
I cani ne ingoiano le foglie per liberarsi lo stomaco.
AJUGA
REPTANS
Bugula,
Piramidale
(Labiate)
Pianta: erbacea perenne, pelosa
con stoloni striscianti. Le foglie della rosetta basale sono
ovali-oblunghe con lungo picciolo; quelle caulinari in gradazione
sempre più piccole e quasi sessili, superiormente brattee
bluastre.
Fiori: in spiga, di solito
azzurri, ma anche rosa o bianchi, con corolla tubolare a 2 labbra
di cui l'inferiore a 3 lobi ed il superiore più piccolo a due
punte.
Fioritura: aprile-giugno.
Quota: dai 700 ai 2800 m.
Il nome deriva dal latino "a-jugum" = "senza giogo" per l'apparente assenza del labbro superiore della corolla e "reptans" = "strisciante".
Nel medioevo era immeritatamente ritenuto il rimedio di tutti i mali; oggi Leclerc la classifica la meno efficace fra le piante medicinali.
ALLIUM
Aglio
selvatico (in genere)
(Liliacee)
Caratteristiche
comuni a tutte le numerose specie di Allium sono: piante perenni
senza peli, lunghe foglie inguainate, cilindriche oppure piatte,
fiori ravvicinati in una testa o aperti in una ombrella visibili
in aprile-agosto, semi neri, odore caratteristico.
Tutte le parti
sono velenose per la presenza di alcaloidi. Tutti gli Allium
possiedono meravigliose qualità terapeutiche: più forte è lodore,
più efficace è il potere.
Diverse specie
di Allium sono note dai tempi più remoti: presso gli antichi
Egizi c'era l'abitudine di appenderlo al collo dei bambini per le
sue proprietà vermifughe.
Ai costruttori
delle piramidi e ai soldati romani sottoposti a lunghe marce
venivano somministrate quotidiane razioni di aglio; i poteri si
estesero alla protezione contro la magia nera, come si racconta
nelle storie sui vampiri.
Laglio è efficace per combattere dolori reumatici (schiacciato con olio di oliva caldo e limone per massaggi), catarri bronchiali, febbri, vermi intestinali, ed è un ottimo antisettico contro le malattie infettive.. Contiene ferro, oligoelementi e sali minerali, vitamine A, B1, B2, PP e C.
Allium sibiricum
Pianta: fusto alto 15-30 cm. e
spesso 3-5 mm., nel terzo inferiore generalmente munito di foglie
cilindriche larghe 2-3 mm. con tepali lanceolati.
Fiori: in ombrella di colore
rosso-lilla.
Quota: fino a 2400 m., fioritura
maggio-agosto.
.Allium schoenoprasum
Erba
cipollina
Il genere Allium comprende molte specie: una abbastanza comune in bassa quota è lErba cipollina, usata in cucina per insaporire i cibi. Questa pianta era conosciuta 4000 anni fa in Cina, e qui fu apprezzata da Marco Polo che ne fece conoscere le doti culinarie in occidente. Lerba cipollina è tuttora comunissima nei pasti consumati in Cina
I fiori sono piccoli e sferici, color malva, visibili in piena estate.
ANEMONE
HEPATICA
Erba
trinità, Fegatella
(Ranuncolacee)
Pianta: erbacea perenne alta 10-12
cm., con foglie divise in tre lobi e portate da un lungo
peduncolo. Un poco coriacee, le foglie sono verdi e lisce
superiormente, villose di color porporino nella pagina inferiore.
Fiori: solitari, di color azzurro-lilla,
portano numerosi stami bianchi; raramente capita di trovarne in
un delicato color rosa o bianchi. Solitamente i fiori appaiono
prima delle foglie e queste, all'inizio, si presentano arrotolate
per poi aprirsi gradatamente.
Fioritura: febbraio-maggio.
Quota: da 400 a 2200 m.
Soprattutto allo stato fresco, tutte le specie del genere Anemone sono piante altamente velenose in ogni loro parte.
Il nome deriva dal greco Anemos = vento, con riferimento ai luoghi dove cresce la pianta, ed al fatto che anticamente si credeva che fosse indicata per curare le malattie del fegato.
In valle Ellero si trova, ad esempio, lungo il sentiero verso Rastello subito a valle delle "rocce montonate".
ANEMONE
NEMOROSA
Anemone
dei boschi, Anemolo
(Ranuncolacee)
Pianta: erbacea perenne, alta 15-20
cm., con foglioline basali molto incise, fusto eretto, semplice,
portante un unico fiore. A mezza altezza, lo stelo ha tre brattee
picciolate simili alle foglie basali.
Fiori: a volte graziosamente
inclinati, bianchi, con al centro numerosi stami e pistilli. Non
è raro trovare fiori di colore roseo, leggermente violacei o
bluastri.
Fioritura: aprile-giugno.
Il nome deriva dal greco "ànemos" (vento), con riferimento ai luoghi dove cresce la pianta. E abbastanza frequente nei boschi, in luoghi freschi e ombrosi, dove forma luminosi tappeti bianchi. Come tutte le specie appartenenti al genere Anemone, è altamente velenoso in ogni sua parte; gli steli spezzati secernono un liquido irritante, quindi evitare accuratamente di raccoglierli.
Per gli Egizi lanemone era pianta emblematica con significato di malattia e di morte.
AQUILEGIA
ALPINA
(Ranuncolacee)
Pianta: erbacea a fusto eretto con sparsi e lunghi peli nella parte inferiore e densamente villosa in quella superiore. Foglie basali grandi, bi o tri-ternate a segmenti bifidi o trifidi. Foglie cauline scarse poco suddivise o lineari.
Fiori: azzurri o blu intenso, diametro 5-8 cm., solitari o in gruppi di 2-3 allapice del fusto, ripiegati in basso. 5 sepali, colorati come i petali, ovati od oblunghi, lunghi 3-4 cm., e larghi 1,5-2 cm. prolungati in uno sperone diritto o ricurvo lungo fino a 2,5 cm.
Quota: cresce nei pascoli asciutti, nei luoghi sassosi ed erbosi e nei boschi dai 1000 ai 2600 m. E una pianta endemica delle Alpi e degli Appennini.
Alla fine della primavera si ricopre di fiori dalla forma bizzarra con 5 petali a cornetto che si prolungano in speroni uncinati: fu questo sperone a dare il nome. Esso deriva infatti dal latino "aquila" per la somiglianza con il becco e gli artigli del rapace. In tempi remoti la pianta aveva fama di rendere la vista molto acuta, simile a quella del rapace. E una pianta molto rara perchè molto ricercata, in valle Ellero si può trovare a quote basse poco sopra il limite del bosco.
ARCTIUM
LAPPA
Bardana
(Composite)
Pianta: erbacea bienne (cioè vive 2 anni: il primo anno emette solo foglie, il secondo anche i fiori) alta fino a 150 cm., con radice grossa carnosa, fusto eretto robusto, foglie alterne ovali grandi.
Fiori: porporini in capolini
globosi con brattee uncinate che si attaccano ai vestiti.
Fioritura: da luglio a settembre.
Quota: dal mare fino al piano
montano.
Il nome deriva dal greco "arctos"= orso e si riferisce al suo aspetto irsuto.
Pianta medicinale
apprezzata fin dall'antichità. In medicina si utilizzano le
radici come depurativi del sangue, sudoriferi e diuretici (decotto
di radice fresca a pezzettini o secca, bollite in acqua per
qualche minuto, 2 tazze al mattino nella foruncolosi e gotta, una
nell'acne e psoriasi; stesso decotto per uso esterno come
detersivo e cicatrizzante con lavature nella seborrea, acne,
eczema. Frizioni del cuoio capelluto contro la caduta dei capelli).
Le foglie verdi
lavate poste su ferite o punti lesi ne accelerano la
ricostituzione; bollite in acqua o latte si applicano calde nelle
emorroidi, crosta lattea, tigna, piaghe da varici, parti
doloranti per reumi.
ARNICA
MONTANA
Arnica,
Piantaggine delle Alpi, Tabac de montagna
(Composite)
Pianta: fusto alto 20-60 cm. con
peli ghiandolosi, con foglie basali a rosetta e fusto non
ramificato, con 1-3 paia di foglie sessili opposte; foglie ovali,
a margine intero, con 5-7 nervature, verdi a pubescenza breve,
piatte e a livello di terra. Attorno alla piante madre se ne
trovano spesso altre, non ancora in grado di produrre il fiore:
sono le piantine nate dai semi caduti l'anno precedente.
Fiori: giallo-arancio in capolini
grandi, per lo più solitari. Frutti muniti di pappo.
Fioritura: giugno-agosto
Quota: dai 600 fino ai 2800 m.
Il nome deriva dal graco "ptarmiké" = "che fa starnutire", per la caratteristica della polvere dei fiori.
Citata già da S.Ildegarda
e utilizzata dalla scuola medica di Salerno, descritta da
Mattioli. Chiamata "la china dei poveri", è oggi
ritenuta pianta velenosa per uso interno e medicinale per uso
esterno, in tintura contro le ecchimosi. I montanari ne fumano le
foglie; succedaneo del tabacco da fiuto.
In medicina si usa
come antisettico, eccitante dello stomaco e circolazione
sanguigna, febbrifugo (infuso gr.2 di radice o gr.3 di fiori per
decilitro di acqua bollente da filtrare dopo mezz'ora, da
prendere a cucchiai come espettorante del catarro bronchiale;
tintura uso esterno 1 a 10 di alcool a 70° a macero per 6 giorni
e diluita in 4 parti di acqua da applicare su slogature,
contusioni, ecchimosi, acne e foruncoli senza lesioni). Usare con
cautela poichè velenosa.
ARTEMISIA
(in
genere)
(Composite)
Artemisia II,
sorella e moglie di Mausolo, re della Caria, regnò nel 353-352 a.C.,
dopo la morte del sovrano.
In suo onore
eresse una tomba detta Mausoleo, una delle sette meraviglie del
mondo. Esperta di botanica e medicina, diede il suo nome a questo
genere di piante, comprendente più di 200 specie aromatiche.
Le proprietà
medicinali delle Artemisie furono scoperte dalle popolazioni
delle zone semiaride e temperate, dove crescono spontanee.
Nel testo greco di
Dioscoride, lassenzio è citato come rimedio contro i vermi
intestinali. Gli indiani dal Nuovo Messico alla Colombia usano
varietà affini per curare bronchiti e raffreddori. Ancor oggi i
Cinesi introducono nelle narici una foglia di assenzio arrotolata
per fermare le epistassi.
Artemisia Genipi
Genipì
maschio
(Composite)
Pianta: più o meno eretta, alta 5-15
cm., rivestita di peli serici grigi, con foglie doppiamente 3-5
partite, le superiori semplicemente pennate.
Fiori: Capolini quasi sferici,
raccolti in una spiga inizialmente pendula, quindi eretta,
fogliosa; Fiori gialli, brattee involucrali tomentose con bordo
membranaceo nero-bruno.
Quota: da 1800 a 3800 m.
Fioritura: Luglio-settembre.
Secondo unaltra etimologia, il nome pare derivi da Artemide, la dea protettrice delle piante medicinali che giovano allorganismo femminile.
Molto usato nell'industria dei liquori. In medicina si utilizzano le parti aeree fiorite come corroboranti digestive, eccitanti, energetiche, neurotoniche, specifico per il mal di montagna. Si rispettino sempre scrupolosamente le dosi in quanto contengono principi molto attivi. Il Genepi non cresce propriamente nella valle Ellero, ma lo si trova ad alte quote in alcune zone vicine, ad esempio presso il Marguareis ed in val Gesso.
Artemisia Glacialis
Genipì
femmina
Come l'Artemisia Genipi, ma con fiori solo sulla parte terminale, addensati a 3-10 glomeruli; i fiori esterni sono femminili, gli interni ermafroditi.
Artemisia vulgaris
Assenzio
selvatico (dialetto: Bunmì servai)
(Composite)
Pianta: erba perenne a radice grossa, fusto eretto ramoso, foglie alterne profondamente divise. Tutta la pianta emana odore aromatico.
Fiori: capolini di fiori gialli in grappoli.
Quota: fino ai 1600 m.
Simile allArtemisia Absinthium (vedi seguente), in medicina si usa la porzione aerea fiorita per le proprietà emmenagoghe e sedative (polvere 2 decigrammi per dose con zucchero nelle convulsioni; infuso di una manciata di pianta in un litro di acqua bollente e colare dopo 10 minuti, a bicchierini al mattino per mestrui dolorosi; tintura 1 a 5 alcool a 60°, 5-10 gocce tre volte al giorno nell'epilessia).
Artemisia absinthium
Assenzio,
Amarella (dialetto: Bunmì)
(Composite)
Pianta: alta fino a 1 metro, con
fusto eretto ramificato solcato da scanalature. Foglie bi-tripennate
di colore verdastro nella pagina superiore e bianco argentate in
quella inferiore.
Fiori: gialli, riuniti in piccoli
capolini formanti pannocchia allungata e contenuti in un
involucro verde-biancastro.
Fioritura in estate.
Il nome deriva da "Artemisia" (vedi prima), e da "Absinthium" che significa "privo di dolcezza.
E' una pianta
molto amara (la più amara dopo la ruta), velenosa, incompatibile
con i sali di zinco, piombo e ferro. Un tempo celebre, il liquore
d'assenzio è oggi proibito in quasi tutti i paesi poichè in
alte dosi è velenoso. Viene utilizzato, con altre sostanze, in
aperitivi, vermouth, ecc. La pianta fu usata per molto tempo per
curare lepilessia e il ballo di S.Vito. Viene usata in
medicina da coloro che soffrono di disfunzioni digestive e
inappetenza (un rametto macerato in acqua o in infusione), o come
vermifugo in combinazione con aglio. E controindicato nelle
gastriti, coliti, e in gravidanza.
La pianta
polverizzata o in infuso è utile contro le tarme; coltivata
vicino ai pollai previene i pidocchi, vicino ai cavoli allontana
le farfalle cavolaie e sotto gli alberi da frutto gli insetti
nocivi, appesa nei granai è utile contro gli scarafaggi. Il
gambo bollito si usa per tingere di giallo.
ASTER
ALPINUS
Astro
alpino
(Composite)
Pianta: alta 5-20 cm., con foglie
basali spatolate addensate in rosetta, ottuse, ristrette nel
breve peduncolo, con tre nervature, pubescenti e foglie cauline
lanceolate, sessili.
Fiori: in capolino grande di 3-4
cm., brattee involucrali disposte in più file, cigliate al
margine. Fiori ligulati (falsi petali) fino a 40, violacei, e
fiori del disco gialli.
Quota: 1000-3100 m., fioritura
luglio-agosto.
La sua origine va ricercata nell'Asia boreale da dove è stata immigrata in lontani tempi nei monti europei; è presente in tutte le Alpi e in parte dell'Appennino centro-settentrionale.
BARTSIA
ALPINA
Chinopodia
alpino
(Scrofulariacee)
Pianta: piuttosto funerea per il
colore viola intenso dei fiori e delle foglie della sommità,
erbacea, molto pelosa, semiparassita, profumata. Fusto di 5-15 cm.,
ghiandoloso-peloso, eretto, foglioso. Foglie sessili, ovali,
crenate, ottuse all'apice, quelle superiori bratteiformi,
violette.
Fiori: infiorescenza in corta
spiga di brattee e fiori violacei. Fiori a corolla tubulosa con 2
labbri, il superiore a cappuccio e l'inferiore a 3 lobi piani,
alle ascelle di brattee fogliacee.
Fioritura: maggio-agosto.
E' una pianta delle graminacee ma non assassina.
L'origine del nome è piuttosto recente: Linneo conobbe in Olanda il medico Giovanni Bartsch di Kenisberg e l'onorò della sua amicizia e gli cedette la carica di medico ordinario della Compagnia olandese Boerhave per lo sfruttamento del Suriname, e proprio qui per il clima e per i maltrattamenti del violento Governatore morì a soli 29 anni nel 1738. Linneo, addolorato, gli dedicò la pianta.
BELLIS
PERENNIS
Pratolina,
Margheritina
(Composite)
Pianta: minuscola, a foglie basali e fioretto basso. Fusto aereo quasi mancante in primavera con l'erba bassa, poi alto fino a 20 cm. nudo e peloso. Foglie tutte in rosetta basale, ovato-spatolate ristrette nel picciolo alato, pelose e dentate.
Fiori: a capolino solitario.
Fiori del disco gialli, tubolosi con corolla corta, a 5 lobi;
quelli esterni, lugulati a corolla bianca a volte sfumata di rosa.
Fioritura: tutto l'anno.
E' la tipica margheritina dei prati rasati. I capolini si aprono al mattino presto e si chiudono la sera e nei giorni nuvolosi. Contiene mucillagini, tannino, oli essenziali e acidi organici.
Nel secolo XVII l'erborista inglese Nicholaus Culpeper diceva che "bollita nel latte di asina è molto efficace per la tisi dei polmoni".
Un infuso della pianta intera al 5%, tre volte al giorno lontano dai pasti è ottimo ricostituente per i bambini magri, ed è anche utile come depurativo, sudorifero ed espettorante. Il succo dei fiori e delle foglie diluito nel vino (5:1000) è utile nelle costipazioni intestinali. Il decotto, per uso esterno, cura le ferite e le piaghe a lungo decorso. In omeopatia la tintura madre della pianta fiorita si usa come tonico dei vasi sanguigni.
BORAGO
OFFICINALIS
Borragine,
Boragia (dialetto: Buràs)
(Borraginacee)
Pianta: alta fino a 50 cm., con
stelo peloso e ramificato. Foglie rugose ovali, alterne,
ricoperte da una fitta peluria.
Fiori: blu, peduncolati, molto
vistosi, a forma di stella e disposti a grappolo.
Fioritura: maggio-settembre.
Quota: dal mare a 1800 m.
Tutte le
descrizioni storiche della Borragine concordano nella sua capacità
di infondere allegria e coraggio, dare conforto allanimo,
scacciare la malinconia. Il termine celtico "Borrach"
significa "coraggio". Secondo Dioscoride e Plinio, la
Borragine era il famoso "nepente" di Omero, un vino
alle erbe che dava lassoluto oblio.
Il colore dei fiori era
spesso scelto dagli antichi maestri per dipingere il manto della
Madonna. I fiori stessi erano ricamati su fini tappezzerie
medioevali, sulle fasce dei partecipanti ai tornei delle giostre,
miniati sui margini delle pagine degli erbari e dei Libri dOre.
Venivano aggiunti nel bicchiere della staffa dei Crociati in
partenza, per infondere loro coraggio.
Originaria della
Siria, è stata introdotta in Europa nel medioevo. Le sue nobili
proprietà sono forse dovute allelevato tenore di calcio,
potassio e sali minerali, e si ritiene che essa agisca sulle
ghiandole surrenali.
Viene utilizzata
in infusione filtrata di foglie e fiori secchi per curare le
malattie respiratorie (raffreddori, bronchiti, pleuriti), contro
la idropisia, lartrite, i calcoli della bile e nelle
infiammazioni della cavità orale. E indicata come
depurativa, per calmare la febbre, contro le nefriti acute, gli
attacchi di gotta e i reumatismi.
Le foglie tenere
si impiegano in cucina come gli spinaci, tritate e cotte, o unite
ad altre verdure per minestre rinfrescanti. Piantata vicino alle
fragole, stimolano a vicenda la crescita, e vicino ai pomodori
tiene lontano i bruchi. Bruciando la pianta, il nitrato di
potassio in essa contenuto può produrre scintille e scoppiettii.
(continua...)