"La via del sale in valle Ellero" di Sergio Piazzo er
"Le comunicazioni tra la pianura e il mare attraverso la valle Ellero dalla preistoria ai giorni nostri"
Quanto
segue sono alcuni brani tratti dall'opuscolo "La via del sale in
valle Ellero" di Sergio Piazzo, edito dall'ARS ed in vendita
presso la sede dell'associazione oppure tramite e-mail. Il volume,
la cui realizzazione ha richiesto molti anni di ricerche e che è
ancora in fase di aggiornamento, contiene numerosi disegni, foto
e cartine (che qui non vengono riportate per non appesantire
troppo la pagina).
Le cartine sono state ottenute elaborando al
computer cartine IGM, cartine IGC e foto aeree, il tutto corretto
e completato con rilevamenti effettuati sul posto ed aggiungendo
la toponomastica originale del luogo, dedotta dai pastori e dai
cacciatori locali: sono certamente le cartine più complete che
esistano sulla valle Ellero.
Introduzione
Quella percorsa dal torrente Ellero è una vallata ricca di storia e di fenomeni geologici, e il fatto che in epoche recenti sia stata abbastanza ignorata dalla cosiddetta "civiltà" ha contribuito a mantenerla pressoché incontaminata, permettendo oggi di studiare e scoprire i suoi segreti conservati dal tempo.
Verso il primo secolo a.C. i Romani avevano costruito attraverso la val Ellero una strada (la via Pompea, dal nome del suo costruttore Pompeo Strabonio) che metteva in comunicazione la pianura padana con il mare. Questa strada, certamente costruita sul tracciato di antichi passaggi utilizzati già nelle epoche più remote dai Celto-liguri (dei quali rimane traccia in alcuni menhir ed incisioni rupestri) venne utilizzata fin verso il 1800 ed era chiamata la Via del Sale poichè, tra tutti i commerci, quello del sale era il più prezioso per le popolazioni di quei tempi.
La val Ellero, unitamente alle sue vallate vicine, verso lanno 1000 fu testimone della presenza dei Saraceni i quali, seguendo lordine impartito da Maometto nel Corano di conquistare tutto il mondo e di renderlo mussulmano, avevano già occupato quasi tutti i paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. Essi giunsero dal mare (si dice che una loro base fosse Frassineto, presso lattuale St. Tropez), e quindi arrivarono in queste vallate dai valichi alpini, cogliendo di sorpresa i valligiani e lasciando, oltre ad alcuni ruderi, tracce indelebili della loro presenza nella memoria, nel dialetto, nei toponimi e nei caratteri somatici degli attuali abitanti.
Anche dal punto di vista geologico, la val Ellero presenta delle caratteristiche molto interessanti: si possono osservare rocce di epoche molto diverse, dai porfiroidi del Permiano costituiti da lava solidificatasi circa 250 milioni di anni fa quando le montagne non esistevano ancora, ai bianchi depositi calcarei del giurassico, formati da quantità enormi di microscopiche conchiglie mentre il mare ricopriva gran parte dellItalia. Non mancano interessanti e curiosi fenomeni geologici quali ad esempio le numerosissime grotte, le "rocce montonate", le "morene" e le "marmitte dei giganti" .
Tutti questi elementi, che fanno della val Ellero un interessante luogo di studio sotto vari punti di vista, sono da anni oggetto di ricerche da parte mia nellambito delle attività dellARS, ricerche che sono raccolte in alcuni opuscoli (stampati in proprio, in quantità limitata e solo su richiesta) a disposizione di quanti siano interessati.
Non mi risulta che
finora sia mai stata fatta una ricerca storica organica sulla
"via del sale" in valle Ellero. Con questo opuscolo ho
voluto colmare almeno in parte tale lacuna, e spero di
raggiungere principalmente due scopi:
1 - fornire uno
spunto per successive indagini e approfondimenti, magari da parte
delle scuole medie ed elementari della zona.
2 - far conoscere
agli abitanti della valle, agli amministratori pubblici e a
coloro che frequentano i sentieri della valle Ellero lesistenza
di importanti elementi storici pressochè sconosciuti, che
dovrebbero essere maggiormente tutelati e valorizzati dal punto
di vista didattico e turistico.
Le notizie
pubblicate sono state raccolte da numerosi testi (di cui i
principali sono elencati nella bibliografia), da articoli vari e
dalla tradizione popolare, e molti dati sono stati raccolti
durante escursioni effettuate sul posto.
Una particolare
attenzione va rivolta alle cartine topografiche, ottenute
elaborando al computer cartine IGM, cartine I.G.C. e
aereofotogrammetrie gentilmente fornite dal Comune di Roccaforte,
il tutto corretto e completato con rilevamenti effettuati sul
posto, con lindicazione delle sorgenti e dei punti di
particolare interesse. Alcuni toponimi sono stati inventati
durante i lavori di ricerca per la necessità di avere dei punti
di riferimento. Si tratta certamente delle cartine più complete
e dettagliate che esistano attualmente sulla valle Ellero.
Le strade del sale
Dopo la conquista
romana delle Alpi, completata dallimperatore Augusto nel 14
a.C. e testimoniata dai grandiosi archi celebrativi come il
trofeo della Turbie sulle alture di Monaco, la
riorganizzazione dellimpero richiese la costruzione di
strade che superavano in più punti la catena montuosa.
I villaggi di
montagna poterono così uscire dal millenario isolamento, si
ingrandirono e prosperarono nei secoli fino a quando i
consistenti traffici commerciali nel medioevo conferirono
particolare importanza alle "strade del sale", quegli antichi
percorsi sui quali transitavano le carovane di muli con i carichi
di merce e, tra le merci più preziose, il sale, indispensabile
per lalimentazione, per la conservazione dei cibi, per la
concia delle pelli.
Fino dallantichità
grandi quantità di sale, provenienti dalle saline provenzali,
prendevano la via di questi monti. Basti pensare che una delle
"strade del sale" andava per 700 chilometri da Sanremo
fino a Ginevra, e attraverso essa si trasportavano annualmente 75
mila olle di sale che riuscivano a coprire lintero
fabbisogno della valle del Rodano e ad alimentare un fiorente
commercio.
Ma per passare
sulle strade del sale si doveva pagare una tassa e il gabelliere,
inesorabile, esigeva un obolo che veniva calcolato sul valore
della merce in transito. Queste tasse erano una importante fonte
di reddito per gli stati che avevano la fortuna di essere
attraversati da tali strade.
Questo pedaggio,
nei secoli, divenne sempre più oneroso: i Romani chiedevano il 2,5%
e nel medioevo la gabella era salita fino al 20%. Anche quando le
strade del sale caddero in disuso rimase la tassa, pagata fino al
1975 quando aveva ormai raggiunto il 300%.
Le vie del sale
erano le stesse che dal neolitico, quando luomo cominciò lallevamento
del bestiame, servivano per la transumanza. Poi erano diventate
vie commerciali, vie dinvasione e linee difensive di
frontiera. Nel medioevo vi passavano monaci, pellegrini, crociati
e templari, che scendevano dal basso Piemonte e andavano ad
imbarcarsi a Ventimiglia per recarsi alle Crociate.
Nel medioevo, e
probabilmente già dallantichità, il sale partiva dalle
miniere di salgemma di Hyères, vicino a Tolone, ed arrivava alla riviera
dove veniva caricato su navi e distribuito lungo le coste della
Liguria e della Toscana. Con lunghe carovane di muli (50-100
animali) veniva poi portato nellentroterra, dove attraverso
punti di snodo veniva distribuito in vaste aree; Pavia, ad
esempio, era uno di questi punti di snodo, e veniva rifornita
attraverso le Alpi liguri.
Naturalmente,
queste carovane non trasportavano solo il sale, ma questo era la
merce più importante perchè su di esso si calcolavano le tasse
da pagare. Soprattutto durante i viaggi di ritorno varie erano le
mercanzie trasportate.
Queste carovane,
nel loro viaggio dai porti della riviera verso linterno,
percorrevano principalmente due strade, più celebri e più
"legali": quella di Nizza e quella di Oneglia. Poi cerano
quelle "di contrabbando", più numerose e più
suggestive in quanto attraversavano zone più impervie delle
montagne, praticate solo da chi era ben esperto della zona.
La strada del sale
principale percorreva la val Roya, e a questa via confluivano
numerose altre strade laterali che in realtà servivano
soprattutto per il contrabbando.
I Liguri Montani
Nulla sappiamo dei popoli che nella preistoria si stanziarono, a ondate successive, sul nostro territorio: tra questi cerano, ad esempio, gli autori dei graffiti di Monte Bego, gli abitanti dei Balzi Rossi in Liguria e dellArma del Gray in val Tanaro. Soltanto nel 3° millennio a.C. i paesi montani delle nostre vallate furono occupati ed abitati dai Liguri.
Questo era un
popolo antichissimo, di origine ignota, che secondo alcuni
storici occupò ad un certo momento tutta lItalia, ma che
proprio qui si stanziò stabilmente, lasciando il suo nome allattuale
regione della Liguria. I Liguri erano popolazioni rozze, ma
intelligenti e disposte ad assimilare le civiltà più progredite
con le quali venivano a contatto, come avvenne in occasione dellinvasione
gallica, verso la fine del VI secolo a.C. che portò una diffusa
celtizzazione dei dialetti liguri e delle abitudini di vita,
dando origine a quella che viene chiamata letnia dei Celto-liguri.
Tuttavia le zone
di montagna, come le nostre vallate, rimasero quasi estranee a
queste influenze e mantennero molto più a lungo la loro purezza
di dialetto e di carattere etnico.
I Liguri erano
divisi, come tutti i popoli primitivi, in una miriade di tribù:
nella zona montana del monregalese vi erano gli Epanteri (o Montani), che confinavano con i Vagienni (o Bagienni) al nord e gli
Ingauni a sud. Con questi ultimi
erano in continua guerriglia, tanto che dopo la conquista romana
di Albenga (Alba
Ingauna, la
capitale degli Ingauni) nel 181 a.C., una delle prime
preoccupazioni degli Albingaunensi fu proprio quella di fare una
spedizione decisiva e radicale contro i primitivi Montani per
batterli definitivamente. In questo li aiutarono i Romani che
combatterono, alleati degli Ingauni ormai assogettati, contro i
Montani. I Montani forono battuti, e tutti i loro territori (corrispondenti
allattuale alta e media val Tanaro, val Casotto, val
Corsaglia, valle Ellero, valle Pesio, Ceva, Mondovì, ecc.)
passarono a far parte del Municipium di Albenga e come questo,
nell89 a.C., furono annessi al diritto latino.
Ma la loro
condizione politica fu di inferiorità, rispetto ad Albenga, e
nel 45 non ebbero la cittadinanza romana che era stata concessa
da Giulio Cesare ad Albenga. Così il processo di romanizzazione
fu alquanto ritardato, e le nostre valli restarono ancora per
alcuni secoli nel loro isolamento.
Usi e costumi degli antichi Liguri
Secondo quanto ci
raccontano gli storici latini Tito Livio e Plinio il Vecchio, i
Liguri Montani vivevano in capanne e in caverne inaccessibili a
chi non era pratico dei luoghi, ed erano dispersi in una gran
quantità di villaggi. Si nutrivano di pesca nei torrenti, di
caccia e di pastorizia. Le foreste in quellepoca
abbondavano di caprioli, orsi, lupi e cinghiali: animali che
erano presenti in queste vallate fino al medioevo, mentre in
seguito solo i cinghiali riuscirono a non estinguersi a causa
della caccia e delle mutate condizioni ambientali.
I Montani
coltivavano qualche rudimentale campo di segale e di farro, senza
usare laratro che fu introdotto poi dai romani. Con il
farro fabbricavano la birra e bevevano pure una specie di sidro,
ricavato dalle more e dai lamponi fermentati.
Quanto alla
religione, i Montani erano politeisti. Veneravano gli spiriti dei
luoghi, le vette dei monti, gli alberi, ed erano attaccatissimi
al sepolcro degli avi. Le funzioni religiose venivano esercitate
dal capo tribù, che era anche il sommo sacerdote.
I Romani in valle Ellero
Verso il 2° secolo a.C. i Romani arrivarono quindi a turbare la tranquilla vita degli abitanti delle nostre vallate. A dire il vero non si trattava di vera conquista, perchè in realtà le popolazioni celto-liguri che allora qui vivevano avevano dato seri problemi agli invasori ed erano state le ultime ad assogettarsi a Roma, tanto è vero che il possesso romano della Liguria e del basso Piemonte si ebbe solo nel 125 a.C., quando già da un secolo tutta lItalia era sotto il controllo di Roma (Annibale aveva varcato le Alpi nel 218 a.C. trovando alleate le popolazioni alpine, e nel 168 a.C. erano già diventate romane la Grecia, la Macedonia e lIlliria). Durante il lungo tentativo di domare queste popolazioni, nel 181 a.C. quarantamila liguri furono esiliati nel Sannio, regione compresa tra lattuale Abruzzo, il Molise e la Campania.
Il duro carattere
schivo, tenace ed indipendente delle popolazioni di queste
vallate (tipico ancora oggi della tradizione occitana del "kié"), ed il loro modo di
vita ancora molto primitivo, sono stati trattati da Plinio, che
li definisce "liguri capillati" con riferimento ai loro lunghi
capelli, e li descrive vestiti con pelli di pecora, dediti quasi
esclusivamente allagricoltura e divisi in tribù.
Nella valle Ellero
si dice abitasse la tribù degli Elli (o degli Elleati, forse
con riferimento ad una divinità da loro venerata), da cui prese
poi nome il fiume, o viceversa.
Attraverso questa
valle i Romani costruirono una strada, che collegava la colonia Alba Pompeia (ora Alba) con Alba Ingauna (ora Albenga) e, più in
generale, con il mare. Questa strada fu chiamata "via Pompea" perchè la sua
costruzione fu voluta da Gneo Pompeo Strabone, fondatore della
stessa Alba Pompeia e padre di quel Pompeo Magno (106-48 a.C.)
che avrebbe poi formato, con Cesare e Crasso, il primo
triumvirato.
Facendo un
confronto delle date, si può quindi affermare che la via Pompea
fu costruita verso lanno 100 a.C.
Questa strada ebbe
una grande importanza soprattutto perchè, come altre strade in
altre vallate, permetteva il commercio tra la pianura ed il mare:
vino e farina da una parte, sale e olio dallaltra; in
particolare su di essa transitavano grandi quantità di sale
proveniente dalle grandi cave presenti nei dintorni di Marsiglia
e di Tolone. Per questo motivo la strada attraverso la valle
Ellero fu genericamente chiamata per molti secoli "la via
del sale", e questo riferimento si trova ancora oggi in
molti toponimi: Contrada delle saline presso Villanova, Deposito del sale a Roccaforte, Casa del sale, passo
delle Saline, ecc.
Non esiste nessun
altro dato sullattività, al tempo dei Romani, lungo la
strada della valle Ellero.
Oltre 200 anni dopo, sotto limpero di Adriano (imperatore dal 117 al 138 d.C.), i Romani costruirono altre opere in queste vallate, di cui rimangono alcune tracce, sia pur molto esili e a volte solo orali; tra queste il castello di Chiusa Pesio, un probabile castello presso Frabosa Sottana (il Castrum Modagne), un cimitero di urne cinerarie presso Vicoforte, alcune lapidi e pietre miliari presso Monastero e San Michele, ecc.
Come i Romani costruivano le strade
I Romani
tracciavano di preferenza le vie a dorsale di collina, in modo da
avere un displuvio naturale per le acque e da ridurre al minimo
la manutenzione. Inoltre, miravano ad accorciare il percorso il
più possibile, perciò non tagliavano a zig-zag la montagna, ma
cercavano di mantenere la linea retta, superando pendenze fino al
20%.
Quanto alla
pavimentazione, la strada su fondo normale si componeva di tre o
quattro strati sovrapposti che ne assicuravano la stabilità. Si
cominciava col tracciare due piccoli fossi paralleli, alla
distanza corrispondente alla larghezza della via; in essi si
ponevano, verticalmente, pietre più o meno squadrate, che
formavano i marciapiedi (limina).
Lo spazio
intermedio si scavava per una profondità da 60 cm. a un metro,
fino a raggiungere il terreno sodo; su questo si poneva un primo
strato di pietre dure, spezzate in frammenti abbastanza grandi,
talvolta uniti con calce. Al di sopra, si poneva un secondo
strato di pietre più piccole, pezzi di coccio e calcinaccio,
tutto solidamente battuto.
Quindi venivano
adagiati i grandi massi quadrangolari di calcare o i poligoni di
selce, avendo cura che le giunture combaciassero tra loro (nell"opus rude", come nel
caso della via in val Ellero, tale giuntura non era perfetta).
Poichè solo la
superficie esterna era levigata, tra i ciottoli del secondo
strato e i lastroni di copertura veniva interposto uno strato di
sabbia fine per riempire gli interstizi.
Lattuale
sentiero, facilmente individuabile da appena fuori Rastello, è
la sede dellantichissimo "iter romanum" alpino.
Benchè letteralmente spogliato del suo "opus rude" per
farne muretti di recinzione, baite e rifugi per pastori e
bestiame, margini per il torrente, ecc., la sede viaria è ancora
evidente fino al ponte murato, al pian Marchis fino al passo
delle Saline, a volte trasformata in sentiero selciato, a volte
modificata dagli agenti atmosferici o da frane.
Le grandi strade romane
Man mano che i Romani occupavano nuovi territori, il loro primo impegno era di costruire grandi strade che li attraversassero e che permettessero quindi una rapida romanizzazione di quelle popolazioni facilitando i commerci; le stesse strade consentivano inoltre rapidi spostamenti degli eserciti per il mantenimento dellordine e per ulteriori avanzate.
La via Julia Augusta, fatta costruire dallimperatore
Augusto verso il 13 a.C. partiva da Piacenza, seguiva il
tracciato della precedente via Postumia, passava per Dertona e per Aqui (Aquae Statiellae), giungeva a Vado (Vada Sabatia), e lungo la
riviera ligure di ponente si spingeva a Ventimiglia (Albintimilium), a Nizza (Nicae) e al Varo
congiungendosi poi con la via Domitia. Più tardi questa strada verrà chiamata via Aurelia.
Da Carcare (Canalicum) si staccava per
Ceva (Coeba) una diramazione
verso Augusta
Bagiennorum
(ora Benevagienna) e da qui raggiungeva Pollenzo (Pollentia), centro collegato
in tutte le direzioni.
Da Augusta Bagiennorum unaltra via passava
per Morozzo e Beinette e raggiungeva Borgo San Dalmazzo (Pedo), poi risaliva la
valle Stura e, attraverso lattuale colle della Maddalena,
raggiungeva la Gallia.
Queste strade non
affrontavano le aspre difficoltà delle Alpi, ma piuttosto le
aggiravano: erano le "autostrade" dellepoca. Ma i
Ligures avevano già tracciato una fitta rete viaria, poi
rimaneggiata ed utilizzata dai Romani, che collegava il
territorio degli Ingauni (sul versante marino) con quello dei
Bagienni (o Vagienni) sul versante nord.
La via principale
partiva da Albenga, percorreva Pieve di Teco, il colle di Nava,
scendeva a Ponte di Nava in val Tanaro, e a Ceva raggiungeva la
rete viaria principale.
Unaltra via, meno nota ma altrettanto importante, detta "via Pompea" o "via del sale", si separava dopo il ponte di Nava dalla precedente proveniente da Albenga, risaliva la val Tanaro passando per Viozene e Carnino, varcava il passo delle Saline e scendeva in val Ellero per proseguire verso Alba (Alba Pompeia). E appunto quella che stiamo trattando in questa ricerca.
Passaggi alternativi attraverso la valle Ellero
La "via del
sale" di cui ho trattato finora (già passaggio per i liguri,
poi "via
Pompea"
per i Romani, poi "via del sale" nel medioevo e infine, almeno in parte,
itinerario per escursioni ai nostri giorni), nel suo tratto da
Niere fino al passo delle Saline attraversa lEllero solo
nella gola del ponte
murato.
Questa gola è un
passaggio obbligato, facilmente controllabile anche da pochi
uomini, e certamente nel passato costituiva un posto di controllo
per il transito di persone e merci, ad esempio contro il
contrabbando o durante periodi bellici (dalle scaramucce tra
liguri ed ingauni alloccupazione romana alla guerra del
sale, fino ai partigiani dellultima guerra). Altri punti di
controllo erano certamente a Rastello, a Roccaforte (dove fino al
secolo scorso cera una guarnigione di guardie daziarie) e
alla "Casa del sale".
Per questo motivo
molte persone, in passato, hanno avuto lesigenza di
aggirare questi punti di controllo e di trovare passaggi
alternativi che permettessero di spostarsi indisturbati
attraverso la valle Ellero.
Uno di questi
passaggi lo si può ancora vedere presso il ponte murato, e
consiste in un difficile sentiero che da valle, anzichè
attraversare il torrente, prosegue sulla sponda orografica destra
ed attraversa poi lEllero al Pian di Ma, evitando di
passare sul ponte murato a costo di notevoli difficoltà. Questo
sentiero fu anche utilizzato dai tedeschi durante la guerra
partigiana.
La "via dei contrabbandieri"
Un itinerario oggi
del tutto dimenticato, che eludeva tutti questi posti di
controllo e che non presentava grandi difficoltà, adatto quindi
per il trasporto di merci a spalla o a dorso di mulo, si svolgeva
tutto sulla sponda sinistra dellEllero, da Villanova fino
al Pontetto, ben oltre il ponte murato. La totale mancanza di
ponti da superare significava una ulteriore sicurezza di evitare
interruzioni o posti di blocco.
Dalla cappella di
San Bernardo a Villanova, dove convergevano due strade
provenienti una da Morozzo (attraverso San Biagio, Roracco e
Villavecchia) e laltra da Peveragno (attraverso Chiusa
Pesio), partiva unaltra via che risaliva la valle Ellero
parallela e sulla sponda opposta rispetto alla via del sale.
Passava presso Santa Lucia, poi presso il convento dei monaci
nella località Bertini, ed iniziava a salire in corrispondenza
delle attuali frazioni dellAnnunziata e di Norea-Mulino.
Superava il Rio di San Grato e giungeva, sempre con rettilineo in
salita, fino alla "Prea du Rociàs", un tempo una balma
e un riparo naturale che diede poi il nome alla frazione di Prea.
Da qui la strada
proseguiva diretta al Biò, aggirava il costone del Bric
Cornafame, e giungeva al "grup" di SantAnna, un
altro dei numerosi ripari che offrivano rifugio lungo questo
itinerario. In questo luogo si trova attualmente la cappella di
SantAnna, la cui prima costruzione è certamente anteriore
al 600, e dimostra limportanza e il notevole
passaggio che a quei tempi doveva avere questa strada.
Oltre la chiesa la
strada continuava a salire con dislivello costante, superava le
case delle Roccelle Sottane e Soprane e continuava, ora col nome
di "strada di Pera Riunda", attraversando quasi
pianeggiante una decina di impervi valloni
che solcano i fianchi del Pigna, della Gardiola e della Piastra,
e superava poi in alto le rocce di "Pera Riunda" a
strapiombo sulla valle. Si congiungeva poi con la "via del
sale" in località Lis, oltre il ponte murato. Da qui,
attraverso il "ponte di Napoleone" si attraversava lEllero
al Pian di Ma per raggiungere attraverso il rio Curassa le valli
Maudagna e Corsaglia, oppure si proseguiva lungo la valle Ellero
fino al passo delle Saline o al colle del Pas.
Il "ponte di Napoleone" (non ho ancora
scoperto il motivo di questo nome, dato che è escluso che
Napoleone sia passato da queste parti), di cui sono ancora
visibili i ruderi, era stato poi sostituito da un caratteristico
ponte circa 400 metri più a monte, che appoggiava su un grande
masso al centro del torrente. Nellalluvione del novembre
94 anche questo è stato distrutto e poi ricostruito.
Probabilmente il ponte di Napoleone serviva anche ad attraversare
lEllero dopo aver aggirato il ponte murato seguendo il
sentiero descritto allinizio di questo capitolo.
Oggi quasi nessuno
sa che la strada che va dalla Prea a SantAnna e alle
Roccelle (oltre è quasi impossibile percorrerla) ha avuto in
passato unimportanza di poco inferiore alla più nobile
"via del sale", e che essa fu certamente teatro di
avventure per contrabbandieri, eretici, brigaschi, saraceni,
crociati, templari, banditi, , ecc.
La "via del Sale" oggi
Lattuale
strada rotabile che da Rastello risale la valle Ellero fino al
Pian Marchis segue un tracciato abbastanza diverso da quello dellantica
via del Sale.
Questa diversità
del tracciato è dovuta esclusivamente ad esigenze diverse nei
criteri di progettazione della strada: i moderni automezzi
necessitano di tornanti più ampi rispetto alle carovane di muli
per le quali era stata costruita la via antica.
Proprio questa
diversità tra i due tracciati ha permesso di conservare pressochè
integra in molti tratti lantica via romana. La causa
principale del suo degrado non è quindi, come nella maggior
parte delle strade antiche, il suo utilizzo fino a tempi recenti
e la sua ristrutturazione secondo necessità moderne, ma è da
ricercare nei seguenti fattori:
E quindi
evidente che le principali cause del degrado dellantica via
del sale in valle Ellero non sono da attribuire a fenomeni
naturali: questa strada era stata costruita in modo da durare
secoli con pochissima manutenzione. E stata lignoranza
e lincompetenza degli uomini di questi ultimi decenni che,
non comprendendo limportanza storica di questopera (e
il suo potenziale valore turistico) ne ha permesso in alcuni
tratti un irrimediabile degrado.
Ignoranza perchè
la maggior parte degli abitanti locali ne ignoravano lesistenza
e la storia, ed è mancata quindi la motivazione per valorizzarla.
Incompetenza perchè
molti errori sono stati indubbiamente commessi soprattutto nella
manutenzione della strada rotabile, che hanno causato dannose
incanalazioni dellacqua piovana e dei ruscelli.
Percorrendo lantica
via si possono oggi osservare due tratti particolarmente
interessanti, sia per la notevole presenza di tratti selciati e
sia per alcuni fenomeni geologici caratteristici:
Più avanti
tratterò in dettaglio questi itinerari. Per adesso voglio
mettere in evidenza i criteri di progettazione della via romana
rispetto alla recente via rotabile.
Come ho già detto,
le esigenze delle carovane di muli erano del tutto diverse da
quelle degli automezzi. Osserviamo quindi che la via romana segue
un percorso pressochè rettilineo e a pendenza costante (mai più
del 20%), assecondando il più possibile le caratteristiche
morfologiche del terreno ed evitando le zone più soggette a
frane o con presenza di acqua percolante. La lieve e costante
pendenza fa sì che lacqua piovana defluisca lentamente ed
evita così la necessità di grandi manutenzioni.
Solo in alcuni
tratti vengono superati notevoli dislivelli mediante strettissimi
tornanti in rapida successione (ogni tornante è di pochi metri,
subito collegato a quello successivo). In questo modo il
superamento del dislivello avviene rapidamente, e la manutenzione
veniva concentrata in questi brevi tratti.
Ancora oggi, percorrendo a piedi questa via, si avverte molto meno la stanchezza superando il dislivello con rapidi tornanti e poi rilassandosi in un lungo tratto pianeggiante, piuttosto che effettuando una lunga e costante salita come è nel caso della strada rotabile.
Capitoli presenti nella pubblicazione, ma
non riportati in questa pagina per motivi di spazio:
Antiche vie di comunicazione nelle Alpi Liguri
(dai Celtoliguri ai Romani al Medioevo)
Le vie "preistoriche"
La valle Ellero nel medioevo (con rari documenti dell'epoca
attestanti il commercio e la manutenzione della strada)
"Il corso del fiume Ellero" (analisi del libro scritto
nel 1799 dal Nallino e confronto con la situazione attuale)
La Casa del Sale (l'antico deposito del sale e la sua controversa
ubicazione)
Percorrendo a piedi l'antica via (cosa è oggi ancora ben visibile
di questa antica via)
Cartina dalla Casa del Sale al Ponte Murato scala 1:10000
Cartina da Rastello al Ponte Murato scala 1:15000
Cartina dal Ponte Murato al ponte Ciappa scala 1:15000
Cartina dal ponte Ciappa a passo delle Saline scala 1:15000
Cartine varie IGM
Fotografie varie, vecchie e recenti.