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San Lorenzo al Caprione: ipotesi di sito archeoastronomico

di Giuseppe Veneziano
(Osservatorio Astronomico di Genova)


1.      Premessa geografica ed etnografica.

 Il promontorio del Caprione è l’ultimo della Liguria orientale, a fronte delle Alpi Apuane. Esso si protende sul mare tra l’insenatura di Lerici e la foce del fiume Magra, in provincia di La Spezia. Storicamente, prima della dominazione romana, il promontorio era stato abitato dai Liguri, ai quali si erano unite in seguito, più o meno pacificamente, anche alcune tribù celtiche. Nel promontorio si rinvengono toponimi osco-umbri, celtici, romani, gotici e longobardi. Andando a ricercare in sito le conferme geo-morfologiche di queste radici etimologiche, in quest’ultimo decennio il prof. Enrico Calzolari, attuale presidente dell’A.L.S.S.A., ha scoperto alcune strutture megalitiche che sono state esaminate anche sotto l’aspetto geologico. Da questi esami ne è risultata una presenza mista: le strutture sarebbero formate sia da pietre grezze (quindi di origine naturale), sia da pietre lavorate, di probabile origine antropica.

 Nel Caprione si trovano condizioni eccezionalmente favorevoli per questi riconoscimenti: ridotta estensione del promontorio che lo rende facilmente esplorabile in toto, forma allungata che impedisce la connessione con altre aree, sopraelevazione da aree circostanti che giacciono a livello del mare tra l’insenatura di Lerici e del fiume Magra.

 All’interno delle varie aree del Caprione il prof. Calzolari ha rilevato elementi caratteristici dell’archeoastronomia: orientamenti verso punti cardinali, orientamenti solstiziali, templum, grotte orientate. Le aree sono state analizzate sotto diversi gradi di complessità: corrispondenza tra toponomastica e siti megalitici, corrispondenza tra siti e valenze geologiche (presenza di faglie, fratture, doline, acquiferi, ecc.), valenza archeoastronomica delle strutture megalitiche presenti nei vari siti. Da questa analisi ne è emerso un quadro curioso che porterebbe ad ipotizzare un possibile uso astronomico di alcuni dei megaliti scoperti.

 Ci soffermeremo in particolar modo sul sito di San Lorenzo. Esso è posto alle spalle del nucleo di Guercia Colomba, nome che sembra derivare dai termini cercia e coomba (quercia + valle = valle delle querce) di chiara etimologia celtica, come pure di origine celtica sono altri toponimi di nuclei abitati nelle vicinanze di San Lorenzo: Scornia (skeir-na = luogo delle rocce), Combara (coomba + ara = valle + ara).
 

2.      Aspetti archeoastronomici del sito di San Lorenzo: la chiesa.

 Nel corso di una ricerca sulle pievi orientate nel territorio della Lunigiana, iniziata autonomamente nel 1995, il prof. Enrico Calzolari e l’ing. Sergio Berti effettuarono un sopralluogo sulle rovine della chiesa di San Lorenzo ai Monti, sul promontorio del Caprione (lat. 44°05'23"N; long. 9°55'48"E; q.m. 230 s.l.m.; foglio I.G.M.I. 1:50.000), prevedendone già l’orientamento secondo la linea equinoziale. Da ricerche storiche risultò che la chiesa veniva citata per la prima volta nell’anno 1297 nei Registri Vaticani delle Decime. Successivamente, nell’Estimo della Chiesa Lunense (1470-1471) è citata fra le dipendenti della pieve di Trebbiano come “chiesa de Carpiono” (De Angelis d’Ossat, 1934, p. 41). Sembra quindi che essa non sia mai stata pieve e forse neppure autonoma, ma sempre dipendente da qualche chiesa maggiore.

            Attualmente la chiesa è ridotta ad un rudere, circondato da resti di costruzioni ancora meno leggibili (un villaggio? un monastero?): restano l’abside, l’intero muro settentrionale, il campanile inglobato nel corpo dell’edificio con una sorta di corridoio o ambulacro d’accesso, circa un terzo del muro meridionale. Sull’abside si notano tracce di affreschi e tre monofore. Manca completamente l’altare del quale, stranamente, non si notano neppure le tracce. La navata è unica. (Bonòra, Calzolari, Codebò, De Santis)

Tra il dicembre del 1996 ed il giugno del 1997, Mario Codebò, Henry De Santis ed Enrico Calzolari, coadiuvati da altri soci ALSSA, tra cui lo scrivente, eseguirono una serie di misure con teodolite per determinare l’orientamento azimutale dell’asse della navata. I risultati dei calcoli, eseguiti da Codebò e De Santis, sono esposti nella seguente tabella. 

giorno

tm

alfa

A

08.12.1996

08.12.1996

08.12.1996

12.01.1997

12.01.1997

12.01.1997

24.06.1997

12h 16m 11s

12h 17m 23s

12h 20m 21s

14h 49m 09s

14h 51m 14s

14h 52m 14s

18h 20m 55s

99g

99,4g

100,35g

136,5g 

137,1g

137,5g

203,35g

89,9°

89,3°

87,7°

91,1°

91,0°

90,9°

94,4°

 dove: tm = tempo medio locale; alfa  = angolo misurato con lo strumento in gradi (quattro)centesimali tra il reperto oggetto d’indagine ed il Sole; g = grado (quattro)centesimale; A = azimut ricavato dai calcoli. 

Ne consegue che l’azimut medio delle prime due serie di misure (quelle effettuate nel dicembre 1996 e nel gennaio 1997) è pari a 89,99° con errore quadratico medio (e.q.m.) ±1,24; se consideriamo anche la terza (quella del giugno 1997), l’azimut medio risulta pari a 90,6° con e.q.m. ±1,9. L’edificio giace, quindi, esattamente sull’asse equinoziale (asse 90°-270°).

 Il fatto è stato verificato sperimentalmente, effettuando rilevazioni fotografiche e con telecamera, da parte di E. Calzolari e di S. Berti, traguardando l’astro che tramontava sia col lato interno, sia col lato esterno del muro perimetrale. Le osservazioni sono state fatte dal 18 al 21 marzo 1997. La collimazione è risultata perfetta al tramonto del 20 marzo 1997, giorno dell’equinozio, avvenuto alle ore T.U. 13h 56m. L’orario si riferisce al tramonto visto in sito, dal momento che la chiesa, che risulta essere a m 230 s.l.m., giace su un crinale (crinale di Campiglia) di m. 280 circa, che quindi ne determina l’orizzonte (sky-line). Secondo il Calzolari, si può tuttavia ritenere che vi sia collimazione tra il punto cardinale ovest “astronomico-geografico” ed il punto cardinale ovest “calendariale locale”. 


3.      Aspetti megalitici del sito di San Lorenzo: il “quadrilite”.

 Sempre più frequentemente si nota una corrispondenza tra luoghi di culto, sia pagani che cristiani, e luoghi di osservazione calendariale, tanto che appare sempre più chiaro che tali luoghi di osservazione calendariale erano anche luoghi dedicati ai culti più antichi. Com’è noto, nei luoghi di culto precristiani la Chiesa di Roma eresse spesso i suoi edifici: cattedrali, monasteri, chiese e pievi. Fu Papa Gregorio Magno che, nel 601, considerata la difficoltà di estirpare le pratiche pagane ed impedire la frequentazione dei precedenti luoghi di culto, consigliò al suo clero di assumere quelle antiche pratiche non in contrasto con la morale cristiana, demonizzando nel frattempo le altre, e di erigere chiese ove prima sorgevano pietre, piante o fonti sacre, luoghi di culto frequentati da millenni. Ne è un esempio il santuario di San Magno (Castelmagno, Cuneo) eretto agli inizi del XVIII secolo: sotto il pavimento della Cappella Vecchia, verso la fine del 1800, venne alla luce una piccola ara, o altarino, dedicata al Marte gallico, dio della guerra e della pace, protettore della tribù e patrono degli armenti. Quindi, non è affatto raro trovare in uno stesso sito luoghi di culto cristiani e pagani in cui siano presenti orientamenti calendariali.

 Anche il sito di San Lorenzo sembrerebbe non sfuggire a questa affermazione. Comunque, in questi casi il condizionale è d’obbligo, dal momento che molte volte Madre Natura ci ha abituato a dei curiosi quanto inspiegabili scherzi. 

Nelle vicinanze della chiesa sopra descritta si trova un sito che, per la sua particolare conformazione, potrebbe essere stato utilizzato come luogo di culto dalle antiche popolazioni liguri. Il sito, così come descritto dal prof. Calzolari, presenta numerose pietre falliche di dimensione media (altezza di circa cm 80) e alta (200 cm), una pietra con seggio vulviforme, una pietra altare, un camminamento orientato verso il tramonto del Sole al solstizio d’estate. Ma la cosa più interessante è certamente il grande quadrilithon.

 Questa struttura megalitica è composta da un camminamento orientato e da un trilite, costituito da due pietre verticali sormontate da un blocco litico a forma di losanga incastrato a mo’ di architrave alla loro sommità, e da una quarta lastra di roccia “zeppata” con un masso contro il blocco principale. Il blocco litico superiore incastrato a “V” e la lastra rocciosa inferiore, creano un curioso gioco di luce. Al tramonto del solstizio estivo, quando la luce del Sole entra attraverso l’apertura del quadrilite, esse attutiscono il riverbero della luce solare e contribuiscono alla formazione, su una roccia retrostante, dell’immagine di una farfalla dorata. Tale fenomeno luminoso è visibile dalle 20:15 alle 20:35, ora legale estiva. (vedi fotografie a fondo articolo)

 Un’analoga farfalla argentata si formerà al tramonto della Luna piena, fenomeno osservato dallo stesso Calzolari verso l’alba del solstizio d’inverno del 22 dicembre 1999, con la Luna ad una declinazione N 20,5°. Considerando la durata dell’anno sinodico lunare, lo stesso fenomeno dovrebbe verificarsi nel 2017.

 Le implicazioni religiose di questa immagine sembrerebbero dovute alla simbologia secondo cui la farfalla rappresenta l’anima che, alla fine dell’esistenza terrena, trasmigra verso quella che l’archeologa Marija Gimbutas definisce la “costellazione-generatrice”.[1] Tale concetto è ripreso anche da numerosi altri autori.[2] Nello sciamanismo del Paleolitico, la cosmogonia vigente era basata sulla tripartizione dell’essere umano in spirito-anima-corpo. La formazione dello spirito di un uomo avveniva nel cielo, nella costellazione-generatrice. L’essere così formato scendeva a vivere la sua esistenza sulla Terra, ma alla sua morte il suo spirito (sotto forma di farfalla) ritornava alla costellazione-generatrice.[3]

 

4.      Analisi geologica del sito

 Negli anni seguenti alla scoperta, il prof. Calzolari ha eseguito sul sito di San Lorenzo numerosi sopralluoghi con il geologo Davide Gori. Dal momento che il promontorio del Caprione è un’area prevalentemente rocciosa, un approccio geologico al megalitismo è indispensabile dal punto di vista scientifico, poiché permette di discriminare se la struttura che si sta esaminando è opera dell’uomo oppure è uno scherzo della natura.

             Il sito di San Lorenzo si trova all’intersezione di due linee di frattura sotterranee ricche di acqua. Le pietre, ad un esame petrografico, eseguito dal dott. Roberto Chiari dell’Istituto di Petrografia dell’università di Parma, risultano essere composte da dolomie [CaMg(CO3)2] con forte presenza di composti ferrosi quali: ematite (Fe2O3) e pirrotite (Fe1-xS). La presenza di microforme carsiche, tenuto conto che la dolomia è la roccia carbonatica meno solubile, sembrerebbe indicare che il sito era anticamente attraversato da una notevole quantità di acqua corrente, che sarebbe responsabile della frattura e del modellamento delle due fenditure principali del sistema megalitico: il corridoio d’entrata ed il trilite.

 La lastra di pietra appoggiata sul terreno e che trasforma il trilite in quadrilite deriverebbe anch’essa da una frattura del blocco principale. Nonostante ciò non è stato ancora possibile determinare univocamente se la formazione del quadrilite rientri nel sistema naturale oppure sia di origine antropica.

  

5.      Conclusioni.

             Secondo il Calzolari, pur non potendo determinare univocamente che vi sia stato un posizionamento antropico, la sacralità del sito sarebbe stata anzi più grande, perché «...per la coscienza religiosa arcaica, la pietra grezza evocava la presenza divina in modo più sicuro che non le statue di Prassitele per i loro contemporanei»[4].

 Di simile parere sono due studiosi inglesi, secondo i quali: «...le località megalitiche, soprattutto i cerchi in pietra, tendono ad essere il punto di incontro di particolari tipi di linee di scorrimento d’acqua sotterranea...».[5]

 Parlando delle radure sacre (i cosiddetti nemeton) dove i sacerdoti dei Celti (i druidi) tenevano i loro riti religiosi, Jean Markale, studioso di letteratura e leggende celtiche, riferisce che i Celti devono aver avuto la sensazione che era impossibile confinare gli dèi in un luogo chiuso; pensavano piuttosto che esistessero dei luoghi, simbolici o reali, dove il mondo degli umani poteva aprirsi al mondo degli dèi, e viceversa. Il Nemeton era questo luogo di scambio sacro, poteva essere una radura nella foresta, la foresta nel suo insieme, la sommità di un tumulo o un’isola in mezzo al mare. Se poi in questo luogo sacro c’era una sorgente, esso era per i druidi un posto particolarmente privilegiato, poiché oltre alla comunicazione della terra con il cielo (lucus e nemus) si poteva usufruire del contatto con le forze vive e fecondanti sorte misteriosamente dal centro della terra. Ma in base a quali fattori i druidi sceglievano un luogo come Nemeton? Jean Markale suggerisce una stimolante ipotesi:

  

“Il nemeton non è mai scelto a caso. È l’uomo che stabilisce questo centro, in funzione di ciò che sente profondamente. Nella maggior parte delle volte, esso si trova dove era ubicato un santuario preistorico, giacché la tradizione del sacro vuole che certi luoghi siano privilegiati. Si può parlare di correnti telluriche, di forze magnetiche, di luoghi naturali propizi, ma ciò non significa cadere in uno pseudo-esoterismo: i luoghi sacri sono realmente dei luoghi privilegiati...In fondo la tradizione non difetta di luoghi santi o di luoghi maledetti.”[6]

 Comunque, per quanto affascinante e suggestiva possano essere queste ipotesi, una risposta scientifica definitiva sul sito megalitico di San Lorenzo al Caprione potrà essere data solo da ulteriori studi tutt’ora in corso.

  

Bibliografia

 

  

Bonòra V., Calzolari E., Codebò M., De Santis H.

 Orientamenti delle chiese del Caprione (Sp) e dell’isola di Bergeggi (Sv).

Atti del XVIII congresso nazionale di storia della fisica e dell’astronomia, Como, Villa Olmo, Maggio 1998.

 

Calzolari, Enrico          L’ipotesi della costellazione di Cassiopea nel Caprione

1999, Atti del III Seminario di Archeoastronomia ALSSA, Osservatorio Astronomico di Genova.

 

Felolo, Luigi                 Stonehenge e Innerebner:pietre e montagne

1998, Atti del II Seminario di Archeoastronomia ALSSA, Osservatorio Astronomico di Genova.

 

Felolo, Luigi                 Orientamenti astronomici naturali

                                   2001, Atti del V Seminario di Archeoastronomia ALSSA, Osservatorio Astr. Genova

 

Gori, Davide                 Approccio geologico al megalitismo del Caprione

1999, Atti del III Seminario di Archeoastronomia ALSSA, Osservatorio Astronomico di Genova.

 Veneziano, Giuseppe   I Celti: un popolo tra storia e leggenda                        1999, Osservatorio Astr. di Genova.

 

 

Foto 1:  La luce solare al tramonto del solstizio estivo penetra all’interno del quadrilite. (24 giugno 2003, foto G. Veneziano
Foto 2: La luce solare filtrata attraverso l’apertura del quadrilite crea il fenomeno della “farfalla dorata” su una roccia retrostante. (giugno 1998, foto E. Calzolari)


[1] Marija Gimbutas, Il linguaggio della Dea, 1990, Longanesi Editore, Milano.

[2] Alcuni esempi. P. Streep, nella sua opera Sanctuaries of the Goddess, the sacred landscapes and objects, 1994, riporta: “... la farfalla è l’incarnazione del principio di Trasformazione”.  J.A. MacCulloch (1998, La religione degli antichi Celti, Ediz. CDE, Milano) riferisce che “...in Irlanda si crede che le anime dei morti siano delle farfalle, in Cornovaglia tarme, e in Francia pipistrelli o farfalle ... Secondo una credenza popolare celtica, l’anima viene vista lasciare il corpo durante il sonno, sotto forma di ape, farfalla, zanzara, topo o nano.

[3] M. Rappengluck, A Paleolithic shamanistic cosmography, 1998, Atti del Valcamonica Symposium, “Sciamanismo e mito”, Centro Camuno Studi Preistorici, (Capo di Ponte, Brescia).

[4] M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, 1976, Boringhieri Editore, torino

[5] A. Service e J. Bradbery, I megaliti ed i loro misteri, 1981, Armenia Editore, Milano.

[6] Jean Markale, Il Druidismo: religione e divinità dei Celti, 1985, Arnoldo Mondadori Editore.