"I Saraceni in valle Ellero" di Sergio Piazzo
Quanto
segue sono alcuni brani tratti dall'opuscolo "I Saraceni in
valle Ellero" di Sergio Piazzo, ancora in fase di
preparazione e che sarà edito dall'ARS appena possibile.
Quella sulla presenza dei Saraceni nelle vallate monregalesi è
una ricerca iniziata circa 20 anni fa ed ancora in corso, ed il
materiale raccolto nel frattempo è archiviato presso l'ARS e può essere
visionato da chi fosse interessato.
E'
da notare che questo materiale, frutto del lavoro di Sergio
Piazzo, è stato inserito come materia di studio nei programmi
dell'Istituto di Orientalistica dell'Università di Torino fin
dal 1986.
PRIMA PARTE :
Chi erano i saraceni
Le notizie che abbiamo sul popolo arabo prima dell'epoca di Maometto sono piuttosto scarse, poichè essi vivevano quasi isolati dal resto del mondo, divisi in varie tribù spesso in lotta fra loro. Solo due città verso la costa occidentale della penisola araba si distinguevano per la loro attività economica: La Mecca e Medina. La Mecca aveva anche una grande importanza religiosa: era una città santa, meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo arabo; vi si trovava la Kaaba, piccolo tempio costruito con pietre nere di cui la più importante era un meteorite caduto dal cielo.
La forma d'arte più sentita dagli arabi era a quei tempi la poesia, e un esempio lo abbiamo nella serie di storie raccolte in "Le mille e una notte", opera ancora oggi riconosciuta come una delle massime espressioni poetiche della lingua araba.
Nell'anno 570 alla Mecca nacque Maometto. Egli sentì fortemente l'influenza del cristianesimo fino ad abbandonare le pratiche superstiziose e idolatre degli arabi per sostituirle con una nuova fede, basata sul culto di un unico Dio. Proclamò quindi di essere il profeta di questa religione, e proprio alla Mecca iniziò la sua predicazione. Nel 622, anno da cui inizia l'era mussulmana (l'anno dell'Egira, cioè della fuga), egli fuggì a Medina e alla testa degli abitanti del paese sconfisse la classe sacerdotale dominante. Iniziò così la religione chiamata Islam, con il suo unico dio, Allah.
Secondo questa nuova religione, ogni uomo doveva impegnarsi in una lotta continua, una vera guerra santa, nei confronti di coloro che non la professavano. "Uccidete gli infedeli dove li troverete, poichè l'esistenza degli infedeli è per voi delitto maggiore che ucciderli. Combattete finchè non vi siano più infedeli e solo la religione di Allah esista". Così dice il Corano, la scrittura sacra della religione mussulmana.
Nel 632 Maometto morìe i suoi successori, i Califfi, che erano considerati capi religiosi, militari e politici, iniziarono la conquista di nuove masse di fedeli oltre i confini dell'Arabia. Il primo califfato ereditario, quello degli Omeiadi, stabilì come capitale Damasco. Dopo un secolo il comando passò agli Abassidi, che spostarono la capitale a Bagdad. Sotto questi capi gli arabi conquistarono la Palestina, la Siria, l'Armenia, la Persia e tutta l'Africa mediterranea, raggiunsero l'India, la Cina, l'Egitto. Occuparono la Spagna e nel 732 il re dei Franchi, Carlo Martello, impedì loro di entrare in Francia con la celebre battaglia di Poitiers.
Le navi arabe, frattanto, erano padrone del Mediterraneo dove si davano ad innumerevoli atti di pirateria. Questi pirati, giungendo dal mare sulle indifese coste italiane, invasero la Sicilia, la Provenza e di lì vaste zone interne dell'Italia. A quelli originari dell'Arabia si erano intanto aggiunti uomini provenienti da ogni regione conquistata, soprattutto dall'Africa settentrionale, e questi variopinti individui che avevano il solo scopo di distruggere e di uccidere vennero chiamati Saraceni.
La tradizione racconta che nell'889 una imbarcazione carica di pirati arabi si fermò furtivamente in una baia vicina all'attuale golfo di S.Tropez. Dopo aver invaso nella notte un vicino villaggio e visitato bene i dintorni, essi compresero subito l'enorme importanza strategica di quel posto. Ritornarono alla loro nave, fecero appello a tutti i loro compagni, chiesero rinforzi in Spagna, e in breve costruirono in quel posto una fortezza inaccessibile, conosciuta sotto il nome di Frassineto. Da questa fortezza essi partivano per saccheggiare altri paesi e costruire altri castelli nelle vallate provenzali e nelle attuali valli monregalesi.
In quegli anni tutto il Piemonte, e soprattutto la provincia di Cuneo, dovette subire continui saccheggi e stragi. Gli obiettivi preferiti dai Saraceni erano i conventi e le abbazie: distrussero tra l'altro le abbazie della Novalesa, di San Maurizio, e di Pedona (l'attuale Borgo San Dalmazzo), trucidandone gli occupanti e rubando tutto ciò che trovavano. Inoltre attaccavano chiunque passasse attraverso le valli occupate e li torturavano oppure li facevano prigionieri come schiavi.
Dovettero essere anni terribili per le popolazioni delle nostre vallate, e il ricordo dei Saraceni rimane ancora oggi in noi anche se indirettamente o inconsciamente. Basti pensare alle numerose manifestazioni in cui sono presenti i "mori", tra cui il Moro di Mondovì e il Festival dei saraceni di Pamparato. Inoltre chi da bambino non è stato minacciato di essere rapito dal "baban", l'uomo nero ? E la tradizione dei coltellini Frabusan, forse un ricordo in miniatura delle scimitarre?
Molte parole usate
ancora oggi nel dialetto tipico delle valli Ellero, Maudagna e
Corsaglia sono vocaboli arabi che vanno certamente fatti risalire
al periodo saraceno, e probabilmente furono inseriti nel
vocabolario dialettale da quei predoni che, dopo la sconfitta
subita verso l'anno 975 con la distruzione di Frassineto,
rimasero nei nostri paesi e si mescolarono con la popolazione
aggiungendo ad essa quei caratteri ereditari che ancora oggi ci
fanno pensare, guardando una persona,: "sembra un arabo".
Dall'arabo derivano ad esempio le parole cusa (zucca), ei (sì), frua (castagna), giari (topo), marghè (margaro), möia (acquitrino), purtugal (arancia), sot (buco), e tante altre,
oltre a numerosi toponimi quali ad esempio Buj (sorgente) e Barac (benedetto).
(A questo
proposito, vedi la pagina "Linguistica -
origini di un dialetto" in questo stesso
sito.)
SECONDA PARTE :
La presenza saracena nelle nostre vallate
La presenza saracena nelle vallate monregalesi durò almeno 70 anni, considerando che invasero la val Tanaro e val Pesio nel 906, senza contare coloro che si insediarono stabilmente tra la popolazione, ed in tutto questo periodo non trovarono alcuna seria difficoltà al loro dominio. Un loro vantaggio fu che essi arrivarono dalla Liguria, cioè attraverso i monti, incontrando gente che viveva quasi isolata, dedita all'agricoltura e alla pastorizia, per cui poco sapeva di tecniche difensive e tanto meno di guerra: in millenni di civiltà mai nessuno, neanche i Romani, si era permesso di affrontarli con tanta prepotenza. Inoltre giù nella pianura stavano accadendo altre disgrazie: l'invasione degli Ungari e dei Normanni.
Se poi consideriamo lo stato caotico in cui si trovava la società feudale in quel periodo, possiamo ben comprendere con quale stato d'animo i nostri valligiani subirono i tormenti dei saraceni, al punto da chiedersi se ritenerli opera del diavolo oppure liberatori dalle ingiustizie dei signorotti locali. I Saraceni trovarono quindi terreno adatto per le loro scorrerie e ne approfittarono per costruire una serie di torri e di castelli da dove partivano per le incursioni e ritornavano carichi di viveri e di bottino.
Nelle nostre vallate costruirono parecchie di queste opere, di molte delle quali è andato perso il ricordo. Considerando ad esempio solo la val Maudagna, una costruzione si trovava presso Alma di Frabosa, e di essa sono ancora visibili parte dei ruderi che ne testimoniano la grandezza e l'importanza che doveva avere a quei tempi. Si trovava infatti lungo il tragitto percorso durante i collegamenti tra la base di Frassineto e le nostre zone, passando attraverso il Bocchino dell'Asì. Lungo lo stesso tragitto troviamo avanzi di ruderi, probabilmente di una torre, a quota 2200 presso il Seiras. La tradizione racconta inoltre di castelli saraceni esistiti presso il M.Moro, presso Frabosa e Roccaforte, e che alcune delle numerose grotte esistenti presso il Mondolé, tra cui la famosa Grotta del Ghiaccio, venivano utilizzate dai saraceni come tappa e deposito di bottino lungo i loro viaggi.
Un altro grande castello si trovava presso Pogliola, e di lì partirono i predoni che catturarono e massacrarono il vescovo di Asti, Bernolfo, scorticandolo coi visceri legati alla ruota di un pozzo nel luogo in cui ora si trova la cappella di San Bernolfo a Mondovì. Questo castello venne poi distrutto per recuperare il materiale con cui costruire il celebre monastero di Pogliola.
Per ammirare la tecnica di costruzione usata dai saraceni basta visitare i resti del castello di Frabosa, oppure la stupenda torre posta su un enorme spuntone roccioso quasi inaccessibile in alta val Tanaro, ai Barchi presso Eca Nasagò: erano costruzioni robustissime, e questultima dopo mille anni affronta ancora con onore le intemperie e i terremoti. Osservandole oggi ci sembra impossibile che, coi mezzi di quei tempi, venissero fatte opere simili, oltre a tutto in luoghi quasi irraggiungibili e tra gente ostile.
< La Torre dei Barchi, in val Tanaro
Ma se nelle nostre vallate gli arabi si limitarono probabilmente a costruire punti di appoggio in vista di una futura completa occupazione, nelle regioni in cui ebbero vita tranquilla, come ad esempio in Sicilia e in Spagna, essi portarono invece una nuova ventata di civiltà. Basti pensare a come riuscirono ad unire il loro immenso dominio, che si estendeva dall'India alla Spagna, sotto una sola religione e sotto una sola lingua che ancora oggi sono tra le più diffuse nel mondo. Scrissero una infinità di opere facendo uso della carta, inventata da loro, che sostituì la pergamena. Furono attivi e geniali in ogni campo della ricerca scientifica, in particolare nella medicina, nell'astronomia, nella geografia (le mappe e le carte geografiche sono invenzioni arabe), nella matematica (hanno introdotto in Europa i cosiddetti numeri arabi, originari dell'India).
Molti prodotti agricoli prima sconosciuti in Europa vi furono introdotti dagli arabi: gli agrumi, il riso, la canna da zucchero, il carrubo, le melanzane, e pure il cotone e la coltivazione del baco da seta. Una nuova civiltà si era così unita a tutte quelle che la avevano preceduta, per formare la civiltà in cui viviamo ora.
Per uno strano fenomeno ricorrente nella storia, tutte le grandi civiltà raggiungono rapidamente l'apice per poi cadere nuovamente nella nullità. Così ha fatto la civiltà romana, che dopo essere nata da un piccolo villaggio latino e aver conquistato in pochi secoli quasi tutto il mondo allora conosciuto, dalla Persia alla Bretagna, veniva inesorabilmente smembrata e distrutta in poco tempo dalle incursioni di popoli barbari sconosciuti fino ad allora. Così era successo prima agli Egizi, ai Babilonesi e ai Greci.
Così successe anche agli arabi. Verso il 1200, dopo aver conosciuto un periodo di massimo splendore sul loro vastissimo dominio, iniziarono la loro decadenza. In pochi anni gli Abassidi caddero definitivamente, travolti dai Mongoli. Subito dopo i Turchi, vincitori dei Mongoli, si sostituirono ai Califfi arabi alla guida del mondo islamico. I loro sovrani, i Sultani, continuarono a ripetere gli appelli di Maometto alla guerra santa. Ma la superiorità europea cominciava a farsi sentire sui paesi arabi rimasti, strappati ad uno ad uno ai Turchi per essere colonizzati dagli europei. Finiva così senza lasciare eredi la grande civiltà araba in Europa e, mentre in altri paesi sono rimaste meravigliose testimonianze artistiche di questo popolo, come le moschee spagnole, nelle nostre vallate rimane solo il ricordo di un popolo predone e crudele. E pochi ruderi sparsi sui monti parlano di un'epoca che è stata molto importante per tutti noi, ma che ben pochi conoscono.